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Disturbi Alimentari e Terapia EMDR
Spesso nelle storie di vita delle persone che soffrono di Disturbi Alimentari, emergono fattori traumatici del loro passato.
Osserviamo in questi soggetti stili di attaccamento patologici (attaccamento insicuro) ai caregiver (quasi sempre i genitori), come ad es. un rapporto con la figura materna di tipo ansioso o evitante, o ancora con una figura paterna autoritaria/svalutante o assente.
Inoltre sono presenti anche stili comunicativi ed affettivi familiari disfunzionali: modalità affettive compensatorie che passano attraverso un uso/abuso del mangiare e che determinano un apprendimento patologico dell’uso del cibo come elemento di comunicazione unico a fronte di una impossibilità di comunicare altrimenti.
Ecco che Il soggetto affetto da disturbo alimentare utilizza il sintomo (controllo e riduzione del cibo o le abbuffate) come modalità per comunicare un disagio; nello stesso tempo il sintomo diventa per la persona una modalità difensiva, al fine di gestire vissuti emotivi troppo forti per essere sostenuti (es. colpa, svalutazione di sé ecc.).
I disturbi alimentari sono inseriti nel Manuale dei disordini mentali DSM-5, individuati da precisi criteri diagnostici. La tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso e forma del corpo viene influenzata non solo dalle evidenze traumatiche del passato, le cui emozioni ed informazioni sono rimaste ‘intrappolate’ nelle reti neuronali di allora, ma anche, come dicevamo, dallo stile di attaccamento ai care giver e ancora dai mass media, dalle esperienze relazionali con i coetanei, da fattori genetici.
Come tale, questa patologia complessa va affrontata a più livelli attraverso un approccio multifattoriale e cioè da un punto di vista medico, ma anche attraverso un approccio di informazione corretto del disturbo e ancora a livello nutrizionale. Va fatto comprendere il significato che il sintomo assume all’interno del contesto familiare, nonché in relazione al soggetto che ne è affetto.
L’EMDR (eye movement desensitization and reprocessing) interviene a livello individuale quale approccio psicoterapico che agisce, attraverso la stimolazione bilaterale degli emisferi cerebrali, partendo proprio dalle esperienze traumatiche primarie fino ad occuparsi anche degli episodi emotivi più intensi legati ad esempio alle abbuffate.
Questo approccio permette di contattare il ricordo e le esperienze emotive di forte impatto e di riattivare un processo innato di elaborazione delle informazioni a contenuto emotivamente forte, recuperando, attraverso il lavoro terapeutico, altre informazioni utili per elaborare quel ricordo o quell’evento antico rimasto intrappolato con le sue emozioni traumatiche nelle reti neuronali. Si aprono così nuovi canali neuronali e l’informazione di un tempo trova ora nuova risoluzione definitiva, permettendo al soggetto di ricordare l’evento senza l’intensità emotiva ad esso collegato.
L’approccio EMDR è adatto quindi alla rielaborazione dei vissuti di colpa, impotenza, inadeguatezza, non amabilità, senso di fallimento, interrompendo quei meccanismi dissociativi di perfezionismo e di controllo utili un tempo per difendere la persona da un impatto emotivo che non trovava altro spazio e modo per essere elaborato e ascoltato.
Dr.ssa Daniela Benedetto
Psicologa Psicoterapeuta
SITO WEB: www.danielabenedetto.it